Già nel 1927 scrivendo al Rettore del Seminario Romano, Lojali aveva confidato di lavorare indefessamente per le missioni e adottato tre seminaristi indigeni e, lo stesso anno, nel diario dell’anima aveva espresso il desiderio di “partire, convertire, amare, soffrire, dare il mio sangue. Comandami, o Signore, che io sono pronto!” La terra dove realizzerà il suo ideale missionario sarà la sua stessa Diocesi.
Eletto vescovo promuove in tutta la diocesi l’organizzazione delle Pontificie Opere Missionarie. Nei primi quattordici anni di episcopato adotta circa sessanta seminaristi indigeni dei quali trenta sono stati ordinati sacerdoti e tanti fedeli sono abbonati alle riviste missionarie. All’Azione Missionaria dedicherà la Lettera pastorale dell’anno 1952. La diocesi di Amelia, una tra le più piccole del mondo, sotto la guida del vescovo Lojali tiene il primato del movimento missionario nella regione Umbria e uno dei primi posti nella nazione. L’ingresso di tre studenti del seminario diocesano in Congregazioni missionarie e la partenza per il Ceylon di sei monache benedettine del locale Monastero di San Magno, per fondare un monastero di vita contemplativa, sono interpretate dallumile vescovo amerino come “voci di Dio che scuotono salutarmente la nostra anima e spronano la nostra generosità a cooperare sempre più al magnifico apostolato missionario”.