Il Rettore Lojali fu chiamato il Rettore mamma. Tutte le sue premure furono per il Seminario e nulla risparmiò perché non mancasse l’assistenza spirituale, culturale e materiale ai giovani allievi, non rifuggendo anche dalla dura e impegnativa fatica dell’insegnamento. Egli tornò bambino, un bambino dai capelli grigi che si confuse con i suoi alunni. La sua fu una pedagogia fatta di amorevole comprensione, aliena da qualsiasi sistema coercitivo, perché era la pedagogia degli educatori santi. Mantenne questo attaccamento vivendo sempre in Seminario fino agli ultimi giorni, condividendo con i giovani alunni ogni momento lieto o difficile del loro cammino morale e spirituale.
Ripercorrendo negli anni della maturità le tappe del suo ministero si esprimeva: “Ho imparato a dare tutto per avere tutto, non ho neanche un centesimo mio messo da parte, tutto ho speso e mi sono speso per Gesù, per avere dei sacerdoti, il Signore mi ha esaudito. Che importa se non ho un gruzzolo per la mia vecchiaia, quando ho venticinque sacerdoti formati da me e generati da me?” Era solito dire: “Il seminario è la pupilla degli occhi del vescovo; infatti qui ci sono le speranze della Diocesi”. E rivolto ai Seminaristi: “Voi siete i figli prediletti del vescovo, i più cari di tutta la Diocesi”. Il Seminario fu l’argomento trattato nella Lettera pastorale del 1951.