La sua vita di uomo, sacerdote e vescovo fu ispirata all’ideale della carità: il suo cuore, la sua casa, la sua borsa fu aperta a tutti i bisognosi. A volte preso dai ritmi dell’attività pastorale quotidiana, confessa che l’istinto naturale lo vorrebbe portare a non badare a qualcuno di loro “ ma subito un’espiazione: è Gesù stesso, lascia Dio per Dio!”.
Iniziò il suo servizio episcopale visitando tutte le famiglie ed entrò in tutte le case, consolò i poveri, i più cari tra i suoi figli. Le sue visite avvenivano per lo più nelle ore serali, indossando il vecchio mantello militare tinto di nero, sotto il quale era facile nascondere cibarie o altro, senza destare attenzione. Quanti di loro, in teorie interminabili, si sono rivolti a lui hanno sempre trovato a tutte le ore buona accoglienza, senza pretesti, ma piena comprensione e sollecito interessamento.
“I poveri sono tutti coloro, che hanno bisogno di aiuto e di confort: i bisognosi, i disoccupati, i malati, i carcerati, gli afflitti. A questi in modo speciale è aperto il cuore del pastore e del padre, e vorrei che a tutti arrivasse subito l’interesse e il soccorso dei fratelli che si trovano in grado di aiutarli in modo che la vita cristiana della nostra diocesi ricavasse da questo impegno di energia e di mezzi non peso e fatica, ma forza e santa letizia.” Fra le iniziative del suo XXV di episcopato, nel 1964 celebrò la “Giornata del Povero” lieto di essere circondato dalla presenza dei “prediletti tra i suoi venticinquemila figlioli.”